Di una cosa era certo.
Era rimasto solo.
Un’altra volta, e ormai.
Tutti erano andati via come spettatori all’ultima replica.
Tutti quelli che conosceva, che amava.
Erano lontani, persi, spariti.
Per destino avverso, caso, colpa o precisa volontà.
Continuò a camminare.
Rimpicciolito dal freddo.
Le rughe scavate dal vento.
Con un fuoco gelido dentro che non ardeva, né si scioglieva.
Proseguì a camminare fino alle porte dell’alba.
Contando i passi della sua solitudine, del suo fallimento.
Ingoiando il proprio stesso veleno.
Abbandonato, solo e colpevole, molto colpevole.
Testimone della propria incapacità a conservare decenti relazioni umane e a instaurarne di nuove.
Si sentiva come un maledetto tumbleweed.
Un cespuglio secco senza radici, che rotola al vento del deserto.