Lo chiamano Polar. A me non piace questo nome. Crasi di poliziesco e noir. Dicono che è nato in Francia. Bah…
Io scrivo, e questo mi basta. Certo, il protagonista porta la divisa, ma per quanto ne so io, potrebbe anche fare il muratore.
Solo che, chissà perché, narrare le vicende di un poliziotto ha un che di epico oggigiorno, come le canzoni di gesta dei cavalieri medievali. Forse per quell’aura che gli viene, verità o bugia, realtà o mistificazione, dall’essere un combattente del bene contro il male. Del resto, il simbolo della Polizia non è forse San Michele, l’angelo con la spada? Oppure quello del poliziotto è uno degli ultimi personaggi esotici della letteratura, un esploratore direi, forse un antropologo post-moderno: in un mondo in cui non c’è quasi più niente da scoprire, affascinanti avventure attendono chi si cala nei meandri oscuri della società metropolitana.
A dire il vero, non mi sono mai preoccupato troppo del genere entro cui ascrivere la saga di Maladentro. Ho raccontato una storia che mi stava a cuore, punto e basta. Che guarda caso poi sta dentro una categoria, quella del poliziesco-noir (ecco, chiamiamola così, che è meglio), coi suoi caratteri ricorrenti:
- la metropoli, una città sempre cupa, anomica, per nulla confidente, striscia di asfalto bagnato condiviso con criminali, prostitute, tossici, spacciatori;
- la notte, tempo privilegiato degli eventi, rappresentazione olografica delle esistenze al contrario dei personaggi;
- il crimine, naturalmente, spalmato ovunque, plurimo e diversificato, soprattutto visto dall’interno, un sistema cogente ma vicino, agito da persone in carne e ossa, che lambisce i punti più oscuri dell’interazione umana;
- poi c’è lui, il protagonista, un antieroe quasi classico, un personaggio con limiti, difetti, debolezze, ambivalenze che contribuiscono a rendere talvolta particolarmente precario il suo stare al mondo.
Alla fine, insomma, mi piace considerare la saga di Maladentro come uno specchio, nulla più, della crisi, dei mali, del declino in cui siamo immersi fino al collo.
E da buon noir, se cercate la speranza e la consolazione, vi prego, passate oltre…